Finché non restituisci la dignità personale al tuo avversario, continuerete a farvi la guerra.
Le persone “al gancio” si alimentano di demoni nella loro mente e reagiscono tramite ritorsione.
Sono meccanismi molto “rettili” ovvero dati non tanto da una capacità di calcolo ed elaborazione del dato dell’uomo avveduto e moderno quanto di quella parte primitiva del cervello – il cervello rettile, appunto – ancora funzionale al retaggio di difesa/attacco cui esso era abituato ai tempi delle fiere che con tanto gusto si pappavano l’uomo primitivo.
Oggi, tuttavia, le persone al gancio – cioè agganciate, ingaggiate, innescate – passano la loro esistenza con l’attenzione su “ma lui ha fatto, lei ha detto” perpetuando all’infinito una condizione disagevole di disappunto che dal niente perdura negli anni senza averne contezza.
Né una risoluzione.
E spesso senza averne anche un perché reale e realmente motivato se non invece attivato da una debolezza interiore non vista, non accettata, non riconosciuta.
Perché l’ego non permette di ammettere che in qualche modo la responsabilità è nostra, se stiamo in un certo modo.
Ma è COLPA sempre dell’altro. Questo solleva tantissimo nell’immediato.
Ma è pura illusione perché più diamo respons-abilità all’altro, più siamo noi stessi a indebolirci.
Per il semplice fatto che deponiamo altrove la nostra abilità di dare risposta.
La recriminazione, l’arrabbiatura, l’ira, la rabbia sono tutti atteggiamenti rettili di chi nutre uno stato di disagio interiore – magari anche per sua attitudine “perché sono fatto così” (ignorando la parola magica cambiamento che tanto risolve) – che si ripercuote su persone che possono anche non rendersi conto di essere oggetto di “tali attenzioni”.
“Esistere” non è una colpa.
Ecco che il vicino “mi fa incazzare”, il collega “mi fa”, il fratello, la sorella “ha detto e fatto questo, quello e quest’altro”, “tu quella volta hai fatto/sei stato cattivo..” etc. etc.. tendendo a identificare la persona con il pretesto dell’errore, della colpa.
(Sappiamo che non sono le persone ad essere in colpa ma i comportamenti errati a dover essere corretti).
Tutte cazzate! Tutto materiale del passato che continua a DOVER essere ri-portato nel presente per puntiglio.
Sono congetture presenti solo nella mente di chi le promuove perché è gravido di un’energia emotiva che da qualche parte DEVE essere sfogata, liberata.
Quando l’oggetto delle vostre critiche, del vostro disagio avvertirà la vostra avversione, potrebbe andare in reazione. Non è così detto in quanto il suo cervello rettile potrebbe non essere preso al gancio (molto se ne parla nel Transurfing).
I vostri attacchi, tuttavia, si arrischiano nel campo minato e zeppo di insidie della risposta di difesa.
Poi, nel caso sia lui ad attaccare, sarete voi a dovervi difendere. E ciò in un ciclo infinito che drena forze e fa vivere male.
Dicevamo che l’unica cosa che conta è vivere bene l’adesso.
A prescindere dai legami, dalla parentela, dalla storicità delle relazioni.
Per me, quando una relazione non funziona, va recisa.
Occorre avere coraggio per farlo ma il senso di liberazione è straordinario. I nodi vanno sciolti, le paure dissolte, i vecchi traumi elaborati, fatti emergere, lasciati liberi.
Ma una volta fatto, stop ai rimuginamenti. Quella storia è conclusa, quel capitolo è andato, quella pagina è stata voltata.
Quella relazione è s-voltata, quel collegamento è rescisso. FINE.
Le energie stagnanti vanno rimosse. Per rimuoverle devono essere liberate.
E a meno che non si tratti di crimini, di atti illegali, azioni di violenza, stupri, rapine o quant’altro che questi soggetti possono aver attuato nei confronti della vostra mente, una soluzione c’è, bella come il sole.
Eccola: restituire la Sua dignità al Tuo nemico.
Ancora una volta, riconoscendolo.
Lascialo ESSERE.
L’avversario va riconosciuto come tale. E nel momento in cui lo riconosci, esso svanisce.
Ridona a lui la Sua dignità e lascialo andare, liberalo. Riprendi tu la Tua responsabilità e restituisci a lui la Sua dignità, la dignità che gli hai negato, il riconoscimento che non hai voluto dargli, l’ammissione di colpa (che di colpa non si tratta ma, come più volte detto, di responsabilità) che non hai voluto prenderti, la cognizione del suo diritto di esistenza.
Così facendo, liberandolo, liberi te stesso. Il fardello se ne andrà e la pesantezza del passato lascia il posto alla leggerezza dell’adesso.
Leonardo Aldegheri
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