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SE UN MODO DOVEVA ESSERCI, QUESTO ERA IL SUO

#239

Quando ho iniziato a fare paracadutismo nel 2013 era perché prima volevo raggiungere la conclusione dell’AFF per acquisire l’autonomia in volo. In pratica, lanciarmi da solo. Poi, il passo successivo era la licenza, dopo i cinquanta salti. Tutto lì. E si sa, da cosa nasce cosa.

Cioè, non prevedevo di diventare un campione mondiale alla Mario Fattoruso, per capirsi. O di andare a vivere a Dubai e diventare un super istruttore nel centro di paracadutismo più figo del pianeta facendo saltare gente come Will Smith come ha fatto il mio caro amico Alberto Avalis.

Mi muoveva il fatto che..

da poco avevo perso il padre e volevo ristrutturarmi mano a mano con la mia psicologia.

Al corso vela col grande Mario Fattoruso

Con il mio modo di intendere me stesso. Con il mio modo di vedere e capire il mondo (sì, sono intrippato dal voler capire come funziona l’essere umano e come si comportano le persone). Volevo crescere e per crescere sapevo che dovevo studiare.

Ma non solo sui libri come amo tantissimo fare. Facendo proprio esperienze di crescita, esperienze diverse. Forti.

Come mettermi lì e vincere sistematicamente la paura col portellone aperto. Insomma, cose che quando le fai, dopo un po’ diventa quasi normale.

Come andare a saltare in pausa pranzo per poi tornare in ufficio dopo essere stato in aria a 4000 metri. Questo mi ha dato tantissimo. Mi ha potenziato tantissimo. E, devo dire, mi svoltava le giornate “difficili”.

Chi si approccia a questi sport, certo, lo fa per divertimento ma lanciarsi dagli aerei non appaga solo il divertirsi. Chi lo fa, vuole qualcosa di più.

E lo si fa quasi sempre per motivi personali quantomeno forti. Chi ha perso un caro, chi si è separato, chi vuole una sorta di rivincita, chi vuole raggiungere degli obiettivi ben precisi. Non sempre, ma spesso è così.

Più banalmente, da fuori, è solo per divertimento.

Ma da dentro, spesso è altro.

Quand’anche fosse soltanto un sogno.

Proprio passetto dopo passetto.

Ho praticato paracadutismo per sei anni. Ho totalizzato non tantissimi salti (230) ma nel frattempo ho fatto esperienze davvero molto, molto importanti per me.

L’ultima soltanto ieri, con il funerale di un amico.

Ma andiamo per ordine.

Nel novembre del 2012 partecipai a un corso straordinario coi Paracadutisti della FOLGORE. Il corso si chiamava (non lo fanno più) Leadership Creativa ed era promosso da Open Up by Cassiopea di Verona in collaborazione, per l’appunto, con l’ESERCITO ITALIANO.

Il corso era particolare perché prevedeva una simulazione di sequestro di persona in Afghanistan ed era rivolto a imprenditori e politici.

Persone, diciamo, potenzialmente “sequestrabili“. A me piaceva l’idea di fare un corso vero, di uscire allo scoperto nella macchia mediterranea in Toscana, non soltanto rimanendo in aula.

Coi paracadutisti, l’aula o è un container o un hangar o il cielo.

La mia domanda era: ma quando ci lanciamo?

Non erano previsti lanci, seppur col vincolato e così mi diedi come obiettivo per l’anno successivo l’acquisizione del “brevetto” (che non si chiama più così, avendo preso il nome di AFF: Accelerated Free Fall).

OK, il primo lancio tandem nel 1997 a 18 anni, accompagnato da mio papà. Il secondo tandem nel 2010, a 31. Così, 16 anni dopo, a 34 anni, ecco aprirmisi un nuovo mondo davanti, dispiegato nelle ali del cielo e conoscendo persone dalla natura meravigliosa.

Al 46esimo lancio, l’incidente: un atterraggio “duro”. Una manovra bassa e la vela mi aveva sbattuto a terra. Era stato un errore mio che ha rischiato di costarmi la colonna vertebrale con una frattura alla vertebra L1. Elicottero e cinque mesi di busto oltre alla riabilitazione. E quindi?

Allenamento in tunnel con Luca Ellero (in Svizzera) e Alberto Avalis (a Dubai) e dopo otto mesi ero di nuovo sull’aereo.

A Sydney durante il viaggio di nozze, per la gioia di mia moglie 🙂

Lì c’è stata la parte bella. La formazione, cioè intendere il paracadutismo come corso di formazione vera e propria, facendo attività in cielo anche grazie ai corsi vela proprio con Mario Fattoruso. Ho saltato a Sydney (Australia), stavo per saltare a New York a Gardiner (non se ne è fatto nulla per il maltempo ma anche per la poca esperienza) recandomi in drop zone nello stato di New York con una splendida Mustang a noleggio.

L’Empire State Building di New York visto da.. una Mustang appena uscito dal Lincoln Tunnel

Ho saltato sul deserto di Dubai. Uscendo di corsa dal Caravan emiratino.

Questa “uscita” di corsa con Alberto Avalis è stata FANTASTICA!!

Mi ero persino inventato un corso chiamato Paracadutismo per la Leadership ove si abbinava la formazione in psicologia con ancoraggi in aria nutrendo l’IO bambino grazie ad Andrea Cirelli, noto ipnoterapeuta spesso ospite a Radio Deejay da Linus.

Ho girato qualche “drop” facendo anche la mitica stella dell’ultimo dell’anno coi miei amici più di una volta. Non solo ci si diverte tanto ma si instaura un rapporto che anche se adesso non salto da un pezzo, adoro quelle persone come avessimo saltato insieme ieri. Sarò anche romantico, ma è così.

Il lancio del 31 dicembre per salutare l’anno nuovo!

Ho persino saltato da 7000 metri con la bomboletta d’ossigeno. Questa è stata una cosa veramente forte per me. Due minuti interminabili di caduta libera! Purtroppo non sono riuscito a fare il salto dall’elicottero.. ma boh, non si sa mai, in futuro.

Lancio dai 7000 m in BFU drop Zone (RE)

C’è anche stata qualche nota diversamente divertente: ho collezionato due fuori campo, il primo andato bene, il secondo un po’ meno (ma pur sempre bene!) sbattendo contro un cancello a casa di una signora: sono cose che capitano. Per fortuna, veramente nulla di grave.

Qualche abrasione, tutto OK.

Ho sganciato il paracadute principale una sola volta nella mia “carriera” (anche qui, per fortuna).

Ho portato a casa un’esperienza che temevo accadesse e invece il paracadutismo è anche questo: ti insegna a capire velocemente l’evento e provare a risolvere contando i secondi.

Sei in aria e stai cadendo ai 200 km/h.

Non c’è tempo infinito a disposizione.. in qualche secondo devi decidere. Riprendi la caduta libera e si apre la riserva.

È da WOW cosa l’uomo sia in grado di progettare (a livello di “materiale”, di equipaggiamento) e a livello di capacità di processo delle informazioni in breve tempo e in una condizione estrema.

A sinistra il mio amico Marcello, a destra io poco prima dell’apertura con il malfunzionamento che mi ha costretto a sganciare la vela principale ed attivare la “riserva”.

Ho fatto due bungee, uno in Australia (sempre per la gioia di mia moglie) e uno organizzato dall’amico Tova, saltando dal ponte più alto d’Italia dove si effettuano per l’appunto i salti con la fune.

Soprattutto ho conosciuto un mondo nuovo, popolato da persone nuove e splendide: decine e decine. Con alcune di loro abbiamo anche collaborato, dando vita a dei libri per le rispettive aziende.

Era stupendo discutere in aereo durante i quindici minuti dell’ascesa su come avremmo realizzato insieme quella pubblicazione. Ovviamente un attimo perché prima di tutto contava la concentrazione sul salto.

Oscar Bellandi ha persino fatto la presentazione in aria del suo libro LA TUA PRIMA BARCA. Magnifico!!

Con Oscar prima del decollo

Dunque?

Parlare di paracadutismo, per come l’ho vissuto io (che è ovviamente diverso da come lo vive qualsiasi altro mio amico conosciuto in questo percorso), è parlare di tutte queste cose ed è anche in parte parlare di quello che nel mio piccolo, piccolissimo ho fatto e questo più o meno allegramente.

Ci sono tantissimi aspetti tecnici che tralascio perché voglio concentrarmi di più sulla dimensione UMANA.

Mentre i miei compagni di AFF sono andati ben più avanti di me, volando con la tuta alare, facendo B.A.S.E., facendo le squadre di Relative Work (RW), etc.

Il paracadutismo è coinvolgimento, è agonismo, è emozione, è un gruppo di amici accomunati dalla stessa cosa, dalle stesse energie e dagli stessi rischi, con le stesse persone a casa che magari stanno zitte ma in fondo aspettano solo che la sera torni e che sia tutto OK.

Il giorno prima del mio matrimonio, sempre per la gioia di mia moglie, ero a saltare 🙂

A onor del vero, è uno sport sicuro. Certo, estremo, ma con elevatissimi standard di sicurezza e tutte le drop zone hanno sempre e solo la sicurezza in primo piano, diversamente da come fanno credere nei film che ci si lancia dall’aereo per divertimento senza paracadute (stile Point Break, per capirsi).

Non è uno sport per gente fuori di testa.

È prima di tutto una disciplina, una disciplina che ha inquadrato uno come me che era piuttosto libertino in passato e con un ordine mentale da riorganizzare, per certi aspetti, cosa che è avvenuta con successo proprio anche grazie a questa disciplina che non ammette errori.

Ecco, ho perso anche degli amici. Purtroppo. Il caro Corrado. E Alessandro, per il quale sono stato al suo funerale proprio ieri.

Era lui che organizzava i bungee. Era un paracadutista esperto. E un ragazzo di GRAN cuore.

Il paracadutismo mi ha dato tantissimo ma quanto è dura, a volte.

L’incidente di Cremona di due domeniche fa ha dell’incredibile. Hanno perso la vita Tovax e il pilota del Pilatus Porter PC6 Stefano Grisenti detto Grisu.

Non mi soffermo sulla dinamica, anche perché sembra che nessuno la conosca con precisione. Si sa soltanto che si sono scontrati in volo, in una casualità che esageriamo se diciamo una su un milione.

Ale faceva B.A.S.E. ed era abilitato oltre ad essere gran meticoloso, preciso. Era un grande amante dello sport. Non certo uno improvvisato o magari anche soltanto “sognatore” quale potevo essere io, che mi lanciavo perché avevo “obiettivi personali” da raggiungere.

Beh, quando succedono queste cose viene da chiedersi se non ci sia un disegno più grande dietro. Forse una magra consolazione.. Ma..

In aria con un aereo, non è da tutti.

Se un modo doveva esserci, questo, per Tova, era il suo.

Ci siamo incontrati per un breve lasso di tempo. Cieli blu amico mio. Ti voglio bene.

Questo sia il mio piccolo tributo per te.

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Leonardo Aldegheri
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