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COME NELLA RICERCA DI UN LAVORO SIA UTILE COMUNICARE

Nella ricerca di un lavoro, le soluzioni da mettere subito in pratica per aumentare le possibilità di riuscita sono molteplici. Qualche giorno fa si è presentata in azienda una dinamica grafica che evidentemente stava cercando una posizione. Una posizione, un lavoro.

Sono dell’idea che al giorno d’oggi – ovvero dal cambio di paradigma da economia di scala a economia di scopo, dal 2008 – non sia più possibile cercare un lavoro ma sia il caso di offrire competenze.

Le aziende cercano competenze. Bramano, hanno bisogno, necessitano di:

C-O-M-P-E-T-E-N-Z-E.

Ovvero hanno bisogno, in una società ad elevata / elevatissima competitività, di persone che sanno fare le cose.

La prima domanda che ci si dovrebbe porre, quando si cerca un lavoro – o meglio – quando si vogliono offrire delle competenze, è:

Io, che cosa SO FARE?

Per questo motivo la risposta alla domanda di cui sopra screma la moltitudine di professionalità generiche in circolazione. Ad es., molto banalmente:

  • Sai vendere?
  • Sai le lingue?
  • Sei disponibile a viaggiare?
  • Sei disponibile a imparare?
  • Frequenti persone, luoghi, fuori dal tuo ufficio / casa / città?
  • Leggi, ti informi, ti documenti, sei in linea con la filosofia dell’azienda, del mercato, del mondo?
  • Sai usare un gestionale oltre al solito pacchetto Office?
  • Aumenti la tua capacità relazionale, ti sei specializzato in qualcosa?
  • Quando ti relazioni con qualcuno, il focus è sul prendere, solo sul ricevere o sul dare, sull’erogare valore per tutti?

Occorre in pratica smontare e poi rimontare elemento per elemento di ciò che ci caratterizza e rendersi consapevoli di cosa si sa fare e poi presentarlo nella maniera opportuna (il come).

La nostra “Bugatti” in fase di smontaggio e rimontaggio. La manutenzione costante rende efficienti e fa girare le nostre “rotelline” sempre meglio che il “non fare niente”

Alla suddetta candidata – che devo ammettere si presentava anche bene – ho detto che non abbiamo posizioni aperte per la sua figura. Anzi, spesso relativamente alla categoria dei grafici, accade che le aziende non cerchino.

Si tratta di una professione tipicamente da freelance e spesso, proprio essendo molto tecnica e poco sul pezzo da un punto di vista di vendita, spesso è fee-lance. La grafica è diventata una commodity, perché tanto basta un Mac.

Cavolate.

Per esperienza, dato che mia moglie è grafica pubblicitaria e in azienda riceviamo pdf generati da InDesign tutti i giorni per elaborare i file dei libri che produciamo, garantisco che tale professionalità non è e non deve essere una commodity e soprattutto non basta soltanto un Mac con qualche suite Adobe sopra.

C’è bisogno di grafici bravi, in giro.

E più bravi si è nel comunicare le proprie competenze, più sono aumentate le probabilità di farsi trovare e quindi di erogare i relativi servizi.

Un grafico non fa solo locandine e biglietti da visita. Può specializzarsi, dato che ci occupiamo di editoria e agli editori servono figure preparate, per esempio:

  • nelle prove colore certificate
  • nell’impaginazione
  • nell’ideazione di copertine che vendano
  • nella preparazione di file che rispettino le norme di produzione con i profili carta corretti, segni di taglio, abbondanze, etc.

Così ho detto alla nostra amica: – senti, appena ho un attimo una sera di queste ti mando una e-mail con un paio di indicazioni su quello che secondo me è il caso di fare nella ricerca di un lavoro come grafica.

E mi è venuta un’idea: competenze grafiche da un lato, di web marketing dall’altro. La soluzione? Studiare il social media management da grafico competente e offrire alle aziende il prodotto finito che comunichi, non solo il prodotto.

Cioè il prodotto con il plus, cosa tutt’altro che scontata, che funzioni.

“Ciao Xxxx,

come promesso ti invio l’e-mail relativamente a quanto ci siamo anticipati.

Credo che per il tuo lavoro, a prescindere lo sia per tutti praticamente oggi, sia molto importante comunicare e comunicare quello che si fa.

Comunicare in modo da distinguersi consente un vantaggio competitivo. Da leggere Strategia Oceano Blu a riguardo.

Una buona cosa sarebbe comunicare i propri lavori (ma anche i valori perché denotano la tua attitudine) e il proprio portfolio con una presentazione efficace.

Poi, se sei presente nei social: Instagram, Facebook con una pagina professionale in primis ma anche Twitter e LinkedIn, esiste un tool di Aruba che ti costruisce un sito web pressoché in automatico. Si chiama Swite ed è un altro modo per comunicare ciò che fai.

Ciò che fai comunica l’essenza di ciò che sei.

Tieni presente che alle persone non frega niente di chi “sei”. A loro importa cosa puoi fare per loro. Questa è l’essenza di ogni business.

Per questo è molto importante comunicare ciò che si fa. Quindi il COSA.

Poi viene il COME. Come lo dici, continuativamente e nel tempo, rivela molto della tua natura e questa è utile conoscerla per chi deve contare su di te.

La vera moneta di scambio oggi si chiama fiducia. E occorre essere davvero credibili in un mondo e in un mercato ad alta altissima competitività.

Per questo esistono i blog che parlano dei tuoi interessi e di come vivi le esperienze che fai. I blog servono per trasferire alle persone informazioni utili circa quello che fai ma sono ancora più utili per stabilire una connessione tra chi scrive e chi raccoglie quelle informazioni.

Tutto ciò detto, se ti va di andare all’estero, faresti più che bene. Sono certo delle opportunità che si possono trovare oltre i confini nazionali. Siamo cittadini del mondo, non Italiani solamente. Perché non esplorare Dubai? So che tempo fa cercavano figure come la tua, in particolare se hai un inglese consolidato.

Non temere di chiedere chiarimenti se ti va, lo faccio col cuore. Anzi, credo elaborerò questa e-mail per un nuovo articolo 😉 

E dato che parlavamo di Marco Montemagno, questo l’ho visto stamattina e merita davvero. Prenditi 10 minuti per guardarlo.

In bocca al lupo,
Leonardo”
Ed infatti, ecco l’articolo. Prova a dare un’occhiata, se ti va, a un CV “dinamico”, è il mio e credo rispecchi quanto esposto.

Buon lavoro, Leonardo Aldegheri
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PERCHÈ LA VITA È UN ESSERE VIVENTE ED È IL TUO SOCIO DI MAGGIORANZA

PERCHÈ LA VITA È UN ESSERE VIVENTE ED È IL TUO SOCIO DI MAGGIORANZA

Per una volta il socio di maggioranza non è lo stato ma la vita (se vogliamo, di cui lo stato fa anche parte). Ma oggi non parliamo di imprenditoria e di soci in affari.

Parliamo della vita, delle cose della vita e che la vita non è una cosa astratta che anima gli essere viventi ma la tua socia di maggioranza.

Ti sei mai chiesto se la vita sia lei stessa un essere vivente? Un’Entità a sé stante?

Le cose che ti illustro di seguito le ho imparate da Livio Sgarbi, uno dei miei mentori più fidati (nel senso di cui mi fido di più, assieme a Sebastiano Zanolli e ad altre persone di fantastica caratura, persone speciali che amano quello che fanno, che amano diffondere e amano aiutare le persone).

Ecco la storia.

Qualche giorno fa mi sono sentito con un amico di vecchia data con cui non parlavo da anni.

Mi scriveva per chiarire alcuni aspetti di uno degli articoli di questo blog, mi manifestava di non stare bene e di non essere molto bravo a dimenticare.

Non che avessi avuto un rapporto idilliaco con questa persona ma mi sono sentito in dovere (benché in maniera totalmente spontanea) di tramutare l’esperienza personale per trasmettergli la mia elaborazione.

Di solito funziona così, almeno da quanto ho capito io, della vita.

Succede una cosa, tu sei il filtro che la elabora, la restituisci.

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In sintesi:

  1. la vita ti lancia una sfida a prescindere dalla larghezza delle tue spalle
  2. tu ne sei investito e di solito o soccombi o reagisci facendo sì che le spalle si rafforzino per sostenere quel peso
  3. ti restituisci al mondo uguale (no..), cambiato (sì..), peggiorato o migliorato (dipende)

Personalmente ho passato e superato più sfide di questo tipo – chiamali shock emotivi o come ti pare – negli ultimi nove anni e ti assicuro che ti rinforzano. Servono per farti crescere.

O cresci o muori. Ecco, questa frase l’ho imparata da Livio.

Mi si è impressa sul lobo frontale, tatuata sulla fronte, di modo che tutti la possano vedere.
Io non conosco la natura dello shock emotivo degli altri e devo dirti la verità, non mi interessa.. perché non è rilevante quanto lo è la molla per farti fare il passaggio successivo.

O ne rimani invischiato o ne trai giovamento.

Ricorda che Aldous Huxley (citazione dell’amico Andrea Cirelli assieme a pranzo qualche giorno fa venuto a trovarmi in azienda per assistere alla stampa del suo libro IL CORPO TI DICE COME ESSERE FELICE) diceva che non importa la negatività dell’evento quanto COME reagisci alle sfide della vita.

E se non le superi la vita continua a schiaffeggiarti finché non ti svegli.

Non esiste una scorciatoia per nessuno. È la vita che ti fa imparare a stare al mondo, volente o nolente.

C’è chi continua a lamentarsi ma non fa mai niente per cambiare le cose. Io mi sono trasformato altrimenti soccombevo. Il mio augurio è che anche altri lo facciano.

Attraverso l’osservazione, l’esperienza e l’acquisizione di informazioni elabori.
Ti faccio un esempio spiritual-informatico-algoritmico 🙂

A 17 anni hai poco database, poco vissuto interiorizzato.

Magari sei dotato di un ottimo processore ma hai poco materiale sull’hard disk.

Puoi anche avere un’ottima capacità di calcolo ma hai pochi elementi su cui lavorare.

Come un Facebook degli inizi con ottime potenzialità ma poco mercato e pochissima o nulla profilazione degli utenti a cui mandare solo poi pubblicità mirata e in ogni caso attinente con gli interessi della persona che da te può trarre benefici.

La vita è quella cosa che ti riempie l’hard disk e tu sei quella cosa che processa le informazioni.

La vita è il tuo cliente che ti manda le cose, ma è il cliente che ha interessi con te, è un socio ed è un socio che vuole i dividendi altrimenti ti presenta il conto.

TI PRESENTA IL CONTO.

Cos’è la vita, CHI è la vita?

Qual è il ruolo della massima autorità in fatto di rendere conto, anzi colei che presenta il conto e non è né buona ne cattiva?

È colei che:

  • Insegna esclusivamente con i fatti
  • Mette in equilibrio le cose

Con la natura.
20161016_150525Col fatto che esistono predatori e prede e i predatori non è che siano cattivi, è nella loro natura predare e mettono in equilibrio la vita sul pianeta. Le prede si offrono per perpetuare il moto di vita.
Anche tra gli esseri umani esistono predatori e prede.

La vita lo prevede attraverso una delle sue espressioni che è la natura sua figlia e creatura possente ed essere vivente che collabora con madre terra che ospita noi e le altre forme viventi.
Se da un lato la fisica quantistica sta cercando di spiegare tutto questo in un ottica diversa, in 500 anni di scienza tutto sommato è stato scoperto molto ma molto poco ancora riguardo alla natura della vita: 500 anni sono niente per conoscere lo scibile dell’universo e..

l’uomo è un fenomeno ancora troppo recente per arrogarsi il diritto ed avere la presunzione di spiegare cose troppo più grandi di lui.

Io so che se voglio cambiare, come diceva Marco Montemagno qualche video fa, devo:

  • Associare dolore alla situazione che voglio cambiare.
  • Associare piacere alla situazione in cui voglio essere.

Se considero la vita la mia socia di maggioranza, so che devo elaborare quanto lei mi presenta, possibilmente senza obiettare, lavorare sodo per filtrare traendo giovamento per me e per gli altri e distribuire utili.

Facile? Dipende.
Fattibile.. sì.

Buona vita e buoni utili a tutti.

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Sono un imprenditore che ha a cuore la responsabilità non solo d’impresa ma anche di quella legata al ruolo sociale dell’imprenditore.

Desidero un’impresa che sia strumento per migliorare le persone e il MONDO.

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Leonardo Aldegheri
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La fiera delle avanguardie (bis) e le applicazioni della realtà aumentata: come i dispositivi wearable ti proiettano nel futuro anima e corpo 

Una cosa che mi sono sempre chiesto è: che c’entra la realtà aumentata con i libri? La verità è che l’Augmented Reality esiste da anni. Facebook si è acquisita Oculus VR e la realtà virtuale sembrava cosa fatta già nella metà degli anni ’90. Cosa è successo nel frattempo? Perché i tempi non erano ancora maturi perché questa si diffondesse?
Chi ama il rock’n’roll potrà apprezzare il clip di Amazing (1993) degli Aerosmith che puoi vedere – anzi, gustarti qui – dove la band, sempre all’avanguardia nelle sue performance video, propone una tecnologia completa e che coinvolge tutti i sensi ma che oggi ci fa un po’ sorridere 🙂
Perché mai ci farebbe sorridere?
Non tanto perché ora siamo così avanti rispetto alla realtà virtuale ma in quanto si sarebbe dovuta realizzare già da mo e invece no.
Dicevo nel precedente articolo La Fiera delle avanguardie, il futuro del sapere e.. come andrà a finire? (corri subito alla velocità della luce a leggerlo qui! Perché questo è il sequel – magari farò anche prequel) – che le app e gli ebook reader avrebbero ammazzato a colpi di bastonate sonore la carta e invece no.
Almeno finora e pare che per un pezzo ancora sia così.
Gli ebook funzionano bene nel web marketing, sono pratici e di veloce acquisizione in ottica di infoprodotto. Ma, come vedi, l’infoprodotto è una categoria che non ha nulla a che vedere con il libro vero e proprio.
Mi spiego meglio con un esempio (ti consiglio di approfondire l’argomento magistralmente spiegato in Brand Positioning Italia: Il segreto per il lancio di un nuovo prodotto che Coca Cola non conosce).
L’ennesima bibita lanciata sul mercato non sarà altro che un follower della Coca Cola. I due player sul mercato si chiamano solo Coca Cola e Pepsi, tutto il resto sono competitori che nemmeno sappiamo come si chiamano. Perché? Perché nella mente del consumatore lo spazio è limitato.
L’ennesima bibita sarebbe un micro competitor nella stessa categoria. Ma Red Bull non è un competitor della Coca Cola, rappresenta una nuova categoria. E da lì la scia dei competitor, quali Monster per primo e poi? Poi gli altri di cui a malapena sappiamo il nome. Sapevi che Burn è l’energy drink che si è inventato la Coca Cola per fare concorrenza a Red Bull?
Se credi che l’ebook sia un diretto competitor del libro cartaceo lo è, ma come follower micro frammentato. È indubbiamente più pratico ma chi se ne frega, a me piace toccare le cose e annusare l’odore dell’inchiostro pasticciando con la matita sui miei appunti. Anzi, ultimamente sui libri ci scrivo pure a penna fregandomene di rovinarli. Perché mi piace così e sul tablet non lo posso fare.
Nella stessa Buchmesse di Francoforte c’era un’esplosione di tablet e ebook reader qualche anno fa e già a partire dal 2014, spariti. Ma ritorneranno, non c’è pericolo. Sono tornati i libri, pensa te che sono ancora uno strumento di trasmissione e acquisizione del sapere millenario.
Oggi alla fiera del libro di Francoforte ci sono libri dappertutto e decine di migliaia di persone ad intasare i corridoi mentre io cerco di lavorare spostandomi da un padiglione all’altro tra un appuntamento e l’altro parlando con editori di tutto il globo terracqueo.
Un sacco di gente tra i piedi! Il mercato 🙂
Nulla in contrario che le scuole adottino i tablet anziché i libri fisici, è semplicemente un dato di fatto che riguarda ancora una troppo bassa percentuale di penetrazione nel sistema scolastico. Anche qui i pro e i contro si sprecano. Niente alberi tagliati e niente peso sulla schiena dei ragazzi, perdita della tattilità e della percezione analogica sul manufatto.

ATTENZIONE: essere analogici non è una colpa. Non significa essere vecchi. È la natura umana. 

Gli ebook intesi come infoprodotti specifici di una data argomentazione approfondita su un tema sono una nuova categoria e non sono assimilabili al libro in sé. Sono solo un’altra cosa, uno strumento di diffusione del sapere.. diverso. E che opera attraverso diverse modalità di acquisizione.
MA L’AUGMENTED REALITY COI LIBRI COSA C’ENTRA?
Sostengo da sempre l’integrazione e non l’esclusione.
La realtà aumentata applicata all’editoria implica l’aggiungere contenuti speciali irrinunciabili e irripetibili in modo che tutti dovrebbero correre in libreria a fare la coda come fosse per andare a comprarsi l’ultimo iPhone?
No.. non ha questa presa. Almeno questo non è accaduto finora.

Ho testato personalmente degli occhiali che ripropongono attorno il vissuto di chi li indossa simulandone una realtà inedita. Diversa, aumentata. Quello che ho provato è stata una sensazione di solletichio allo stomaco. La mia mente è stata al gioco e sebbene dovessi fare attenzione per non andare a sbattere contro le pareti ero totalmente immerso in un fluido che il mio cervello interpretava come diverso ma vero.
Simulato ma reale. Una simulazione palese che il cervello interpretava come reale. Il motivo è banale: il cervello ragiona per immagini. Qui sono aggiunte. In più. Pazzesco. Senza caschi.
Solo con un paio di occhiali con delle antenne per farmi muovere in un fluido ove altri mi vedevano come attore testante di un’altra realtà mentre io ero immerso anima e corpo con tanto di emozioni in un altro mondo.
Appreso ciò, la realtà aumentata negli anni a venire sarà cosa normale.
Non perché io sia frate indovino o perché lo dica Marco Montemagno (anche se io a Marco ci credo, prove alla mano sulle sue considerazioni passate sul tech che si sono puntualmente avverate) ma perché le applicazioni possono essere molto pratiche per il mondo che si sta conformando oggi e che non ha nulla a che vedere con gli anni ’90 e 2000.
La realtà aumentata sarà normale perché le applicazioni di oggi non sono ancora comprese ma saranno quotidianamente praticabili. Le persone non lo sanno ancora 🙂
Un po’ come le migliaia di app disponibili ed alla fine usi sempre più o meno le stesse dieci-quindici. Parlo non dei simulatori di volo ma di applicazione della realtà aumentata nella quotidiana vita di tutti i giorni delle persone comuni.
Eccone almeno sei esempi che mi sono venuti in mente nell’immediato e senza sbattermi troppo, anche applicati al mondo del sapere e quindi all’editoria che è uno dei principali strumenti di diffusione:

  1. sei in classe, a scuola o all’università, e ciò che è scritto sui libri di testo – che è già vecchio – viene integrato con ologrammi e contenuti integrativi costantemente aggiornati.
  2. puoi fare degli esercizi pratici con gli ologrammi stessi, quali interazioni con oggetti e persone.
  3. la realtà aumentata non ha molto a che vedere con la realtà virtuale per il semplice fatto che prima di virtualizzare la realtà è più semplice.. aumentarla, aggiungendo elementi (più o meno utili).
  4. puoi simulare di essere in un luogo pubblico mentre ti prepari ad uno speech senza nessuno attorno, come nel caso di un elevevator pitch, un’interrogazione all’università o semplicemente per..
  5. facilitare i processi di apprendimento.
  6. facilitare gli acquisti e l’effetto dell’informazione pubblicitaria come strumento di veicolazione di qualcosa di utile per te piuttosto di propinarti qualcosa interrompendoti mentre stai facendo dell’altro, che è la caratteristica tipicamente odiosa della pubblicità web e non solo tv ma anche di coloro che utilizzano il telemarketing come strumento di vendita massivo.

Ma mi viene in mente anche una possibile applicazione ai processi di monitoraggio della produzione industriale, nei cantieri edili, negli studi di architettura, in tutto ciò che è in costruzione, in progress, per vedere come sarà la sua realtà una volta concluso.
In editoria la Realtà Aumentata non ha ancora preso piede perché non è diffusa come abitudine d’uso quotidiano ma i libri avranno mano a mano bisogno di una progressiva integrazione con una presenza del web sempre più inclusiva del quotidiano.
In sostanza abbiamo più in mano uno smartphone che qualsiasi altro oggetto solo che i libri sugli smartphone non li leggi. I device sono solo strumenti che avrebbero il compito di aumentare la qualità della vita delle persone.
Oggetti wearable come il paio di occhiali da me provati consentono di esperire elementi in più in quasi qualsiasi situazione della propria quotidianità. E mi piace pensare che un giorno esistano device wearable (occhiali ma anche indumenti) che consentano un’accelerazione dell’apprendimento stesso, che sia attraverso libri di carta o altro.
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Sostengo che i nativi digitali siano i nati a partire dal 2015, non prima e che il futuro risieda nell’integrazione, non nell’esclusione.
Come Grafiche AZ abbiamo accolto l’invito di un nostro amico britannico, Neal Hoskins, editore e consulente della International Children’s Books Fair di Bologna di ospitare un corso presso le nostre super ANALOGICHE strutture di produzione editoriale per studiare le applicazioni pratiche della realtà aumentata all’editoria.
Se ti dovesse interessare, Neal ha messo a disposizione i suoi biglietti su Eventbrite. Il corso si chiama

Realtà aumentata – come creare nuove attività di miscelazione di stampa e le tecnologie digitali.

Noi.. siamo curiosi e abbiamo messo a disposizione a Neal la nostra azienda, anche perché ci piace guardare ad un futuro migliorato. E se ti piace l’idea, è l’occasione perfetta per venirci a visitare. Vedrai anche i processi di stampa vera e propria.
Da questo punto di vista rivisto l’Augmented Reality che da è anni in fase embrionale sta per diventare.. realtà.

Comunque sì, l’editoria è in crisi. Te lo dice il tipo in basso a sinistra nel photobomb 😂
This article was written with an Android phone on Worpress mobile and uploaded in roaming somewhere driving south at the speed of life in a motorway in Germany 🙂

La Fiera delle avanguardie, il futuro del sapere e.. come andrà a finire?

Live dalla Fiera del Libro di Francoforte. La Buchmesse è l’evento dell’anno che io chiamo la Fiera delle Avanguardie. Tutto quello che viene deciso qui permea l’editoria dei prossimi anni. E l’editoria corre alla velocità della luce. Sì, lo sappiamo tutti, l’editoria è in crisi e bla bla bla.

La crisi è ormai per chi non ne vuole uscire, non ci sono più le mezze stagioni e si stava meglio quando si stava peggio.

Sarà ma io vedo gente brava che lavora bene e vende. Sì sì, vende quegli strani oggetti fatti di pagine che si sfogliano e che non devi ricaricare se stanno per spegnersi. Perché non si spengono mai.
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Qualche fiera all’anno ne facciamo, dalla più piccolina e amatissima Più Libri Più Liberi all’EUR di Roma, alla Children’s Books Fair di Bologna, internazionalissima e specializzatissima passando per la BEA di New York che si è spostata a Chicago quest’anno, alle varie Lipsia, Parigi, Londra, Torino, etc.
Storicamente facevamo due sole fiere all’anno. Ora tra noi commerciali ne facciamo una decina.
Cosa è cambiato dalle due fiere – che bastavano – alle dieci attuali?
Beh, è cambiato il mondo. Ciò che il mondo ha vissuto negli ultimi cinque anni, l’ha vissuto la popolazione intera della Terra probabilmente negli ultimi cinquanta. Equivale a dire che ciò che viviamo noi in cinque anni, l’hanno vissuto i nostri nonni quasi in un’intera vita.
Lo dicevo già qui, nel mio articolo sullo svegliarsi: viviamo in una società esponenziale. (leggi Wake Up Call – darsi una svegliata per non fermarsi più anche senza dover essere fenomeni in economia).
Viviamo costantemente in leva. Siamo in più posti contemporaneamente. Sono alla Buchmesse di Francoforte e tra un appuntamento e l’altro con clienti di ogni parte del mondo (americani, francesi, italiani, olandesi, canadesi, australiani, tedeschi, britannici anti exit, etc.), scrivo un articolo per comunicare a persone potenzialmente interessate quale sia il feeling sul mondo dei libri direttamente dal centro, dal fulcro di quello che è il cambiamento editoriale. Un cambiamento epocale ai nostri giorni.
Proprio ai nostri.
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No, l’editoria non è in crisi. L’affluenza è intensa, gli appuntamenti serrati, la compravendita di diritti e lo scambio di titoli tra nazioni è elevata, i clienti che apprezzano il nostro lavoro sono molti e – probabilmente è la soddisfazione più grande – sono loro che vengono dal fornitore e non il contrario.. forse proprio perché non ci consideriamo fornitori ma soci, partner, amorevolmente e professionalmente.
Chiaro: senza alcuna presunzione. Lungi da noi 🙂
Ma c’è un perché.

I libri che passano da noi sono particolari. Sono.. belli. Hanno qualcosa di diverso. E.. piacciono ai clienti, vengono comprati, letti e conservati nelle librerie delle loro case. Le illustrazioni sono magiche, gli illustratori bravissimi e la cura che viene messa nell’intera filiera di produzione fa la differenza.

Non siamo una mega azienda, anzi, per carità. Siamo piccoli e accorti.
MA ad essere un po’ il riferimento ci teniamo, ecco perché ci siamo e ci teniamo molto ad essere presenti.
Sì, l’editoria è in crisi. Ti dico per chi. Se guardi ai numeri di una volta.. sì. Te lo dico anch’io. Noi stessi non facciamo più le tirature di un tempo, i margini si sono drammaticamente abbassati, la concorrenza internazionale è spietatissima e soprattutto gioca a colpi bassi.. sul prezzo. Per molti competitori, tra le variabili di formulazione di una decisione di stampa di un libro da parte dei clienti, conta esclusivamente il prezzo.
Sono stampatori generici che fanno un po’ di tutto e poiché si propongono come commodity – se vai a fare benzina alla Esso o alla Shell che ti cambia? – che siano loro od altri a fare quel libro lì, in sostanza non cambia.
Invece cambia eccome. Fare un libro è ancora un affare di prestigio. Permettetemi di dire questo.
Fare un libro è una cosa seria. E deve essere ben fatto.
I libri sono uno strumento primario di condivisione della conoscenza che rimane, sono degli strumenti fisici che si rifanno alle necessità primarie dell’uomo di toccare le cose, sentirle, odorarle, apprezzarne la consistenza, le carte, la cromia, il formato, le pagine, il layout grafico, la qualità di stampa che c’è e ci deve essere imprescindibilmente ma va seguita facendo costantemente la differenza.
Qui, 6 anni fa, sono stato accolto da un cliente storico che vive ora nel Far East, con questa frase, appena arrivato: cambia mestiere. Nel 2010 sembrava che la carta fosse MORTA. C’era l’esplosione delle app, il diffondersi a macchia d’olio dell’iPad e stavano per diffondersi i vari kindle ed eBook reader. Posto che noi lavoriamo con il colore e ci interessa poco il bianco e nero. Beh, lavora anche lui col colore. E fa ancora libri. App? ZERO. Flop. Disastro.
Volete sapere una cosa, pur tirando l’acqua al mio mulino?
La carta è tutt’altro che morta. La carta è viva ed è ritornata con più forza.
Lasciamo alle nuove generazioni di nativi digitali che ormai non sono nemmeno più i bimbi del 2000 ma i bimbi del 2015 a decidere di rimanere analogici come lo è l’uomo per natura o trasformarsi in algoritmi umani come dice Marco Montemagno qui.
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All you need is paper, dice un nostro importante fornitore di carta. Ora se qualcuno pensa che per fare la carta si uccidano gli alberi a sproposito, sappiate che per ogni albero usato per fare la carta ne vengono ripiantati tre in media ed FSC – l’ente internazionale per la salvaguardia delle foreste – è nato principalmente per l’uso indiscriminato delle foreste da parte di competitori che sanno molto poco di responsabilità sociale d’impresa. Sia Grafiche AZ che Legapress sono entrambe certificate FSC proprio dal 2010, siamo stati tra i primi a certificarci e ne siamo accesi sostenitori. Siamo nel 2016 alla nostra 45esima fiera di Francoforte e guardiamo al futuro con fiducia, convinzione, determinazione e una grande, grandissima voglia di fare bene il nostro lavoro.
Facciamo libri e sappiamo che i libri sono strumenti nobili di veicolazione del sapere. Specie se sono fatti in modo da essere pezzi unici. Di valore.
In particolare, i nostri libri vanno nelle mani dei bambini. E per noi i bambini sono i nostri clienti. E pensiamo ogni santo giorno al loro futuro.
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Li facciamo perché oltre a piacerci sappiamo che i libri sono ancora strumenti utili, fondamentali e lo saranno per molto tempo in avanti (salvaguardando gli alberi) e a discapito della “natura” effimera ed eterna del web – ovvero tutto viene consumato velocemente ma rimane sulla rete – il libro vive, non si scarica, non ha bisogno di plug in, non devi riavviarlo e soprattutto lo puoi leggere tra le mani sfogliandone le pagine. E lo puoi.. amare.
Vivrà per sempre? Non abbiamo la sfera di cristallo nemmeno a Francoforte ma per il momento sembra.. di sì.
L’uomo è analogico. Il futuro non è nell’esclusione, semmai è nell’integrazione. Sana e sostenibile.
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QUAL È LO SPIRITO CON CUI LO FAI?

QUAL È LO SPIRITO CON CUI LO FAI?

Guardavo X-Factor con mio figlio di nove anni e trovo il metro di giudizio sia estremamente interessante. In particolare ho apprezzato quello di Manuel Agnelli, rocker outsider spietato e impassibile, founder  e voce degli Afterhours, che all’occorrenza si alza in piedi battendo le mani  per riconoscere l’impegno in tutto il suo splendore.

La leadership è anche la capacità di esprimere autenticamente il riconoscimento.

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Siccome qui parliamo di imprenditoria, idee e affari ti traccio subito un parallello.

L’imprenditore che non riconosce e non gratifica non è un vero leader. Una delle sue abilità principali è quella di contornarsi di persone valide e più competenti di lui nello svolgere i compiti specifici che altrimenti lui da solo non sarebbe in grado di saper fare. Questa abilità è quella di scegliere. Ora capirai perché scegliere è fare scouting di talenti. E perché serve leadership.

Ti avviso: in questo articolo ti pongo una quantità importante di domande 🙂

Ho conosciuto Veronica Marchi ai tempi in cui si condivideva la scena musicale veronese una quindicina di anni fa.

Da sbarbato mi divertivo a suonare la batteria per alcune rock band.

Ho suonato la batteria per circa quindici anni e poi mi sono rotto (in verità sono stato cacciato e dalla delusione non ho più preso in mano le bacchette dedicandomi totalmente al lavoro, pur amando la musica più di me stesso).

Adesso anziché suonare, nel tempo libero mi lancio dagli aerei 🙂


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Come immaginerai, la mia vita nel frattempo è significativamente cambiata e avendo smesso di suonare ho cambiato anche abitudini.

Veronica è sempre uguale anche nell’aspetto e con una gavetta infinita alle spalle. Ora vive di musica. Io vivo di editoria.

Pressione x tempo = una performance giusta su un palco che da una visibilità pazzesca.

Ovvero: X-Factor = la leva che può fare per lei che ha talento (e costanza) per restituirle finalmente la giustizia che per molti altri non arriverà, proprio per lo spirito con cui ha affrontato e affronta la cosa.

Qual è questo spirito?

Qual è lo spirito con cui lo fai?

Per chi ha visto la puntata, avrà notato che le due ragazzine di 16 anni avevano un obiettivo diverso da Veronica Marchi. L’obiettivo era la notorietà direttamente senza passare dal via.

Cantare era per loro solo uno strumento per arrivare alla notorietà e che fosse cantare o ballare o tutte e due le cose assieme, alla ragazzine di 16 anni non importava. Importava il palcoscenico. Fedez, in discussione aperta con Arisa, persino ha dichiarato che a loro non serviva una settimana di inquadramento ma una una settimana di.. inquadrature. Ego, ego, ego.

In uno dei due casi, purtroppo, ego della madre.
La domanda è:

  • a chi servi? Per cosa lo stai facendo?

Ami cantare veramente e stai dando qualcosa al mondo o lo stai facendo per appagare il tuo ego e la tua smania di celebrità per una semplice questione di vanità?

Esatto, hai capito: cantare è lo strumento per dare qualcosa al mondo e se hai le carte in regola allora forse puoi ancora provare a giocartela. Proprio come Veronica Marchi.

Dietro a band di caratura internazionale come gli U2, i Metallica e i Foo Fighters ci sono imprenditori molto, molto capaci, spessissimo sono i musicisti stessi che diventano a loro volta produttori, talent scout e proprietari di etichette discografiche con tanto di commercio di merchandising facendo branding in una leva inaudita.

La musica, si sa, fa leva sulle emozioni e a livello globale il branding delle emozioni è molto interessante da un punto di vista di business.
A noi. Quindi, con quale spirito lo fai?

S’intende, sempre per fare la differenza.
Eccotelo, almeno per quello che ho notato io, in Veronica sul palco di X-Factor:

  • prepazione tecnica, tanto studio e una gavetta lunghissima
  • talento coltivato e non allo stato brado
  • costanza, perseveranza, caparbietà
  • bravura e attitudine al fare bene
  • sofferenza tipica di chi ci è sopra da anni e nonostante tutto non molla ancora
  • umiltà, caratteristica non molto comune, e semplicità
  • serenità, fiducia e sicurezza
  • sangue freddo ed essere calda allo stesso tempo
  • controllo sopraffino

Ma anche e soprattutto:

sono qui e sono felice.. che vada bene o male, va bene lo stesso.

Lo spirito è l’energia che permea le cose che fai e chi sei mentre le fai.

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Qual è il fine?

Essere milionario è per esserlo o è la conseguenza di averci messo qualcosa del tuo per fare la differenza?

Ci devi mettere innovazione.
Cos’è dunque l’innovazione?

L’innovazione è l’azione di aggiungere qualcosa di nuovo.

Allora la domanda è:

Cosa stai facendo di nuovo?

Cioè, cosa stai aggiungendo di nuovo affinché questo nuovo si noti e faccia la differenza perché utile a qualcuno moltiplicato per n utenti?

Come stai contribuendo?

In cosa ti stai distinguendo e quanto tempo deve passare prima che qualcuno se ne accorga.. e chi è quel qualcuno che può fare qualcosa per te capendolo e dandoti una mano come Fedez, Arisa, Agnelli e Alvaro?

Se stai cercando un lavoro, poni attenzione alla mia domanda:

  • stai cercando di offrire qualcosa in più per dare all’impresa che ti dovrebbe assumere quella porzione di valore che le mancava?

E se questa considerazione fosse a livello imprenditoriale?

Seguimi: se ragioni a livello di farti assumere, vale l’ultima domanda che ti ho appena fatto.

Se ragioni a livello di assumere tu altre persone, ti porto l’esempio di Alfio Bardolla.
Alfio sta cercando – e ci sta riuscendo molto bene – di rendere fruibile, veloce ed immediata la comunicazione della cultura finanziaria resa semplice a larghe fette della popolazione da una decina di anni.


Alfio Bardolla ora possiede la scuola di formazione finanziaria più grande d’europa e la sta quotando: grow fast, si può fare. Anche partendo da zero e da sotto zero come lui. Al prossimo wake up call di ottobre ha riempito un teatro da 1733 posti chiudendo le iscrizioni con quasi un mese di anticipo.

Marco Montemagno, che ho conosciuto qualche giorno fa, aveva 10000 follower nell’ottobre del 2015 e nel momento in cui scrivo ne ha 230000 con una proiezione di 350000 entro la fine 2016.

Cos’hanno in comune queste persone?

Sì, sono influencer.

No, non lo fanno per vanità.
Con quale spirito lo stanno facendo?
Con questo:

  • preparazione tecnica, tanto studio e una gavetta lunghissima
  • talento coltivato e non allo stato brado
  • costanza, perseveranza, caparbietà
  • bravura e attitudine al fare bene
  • sofferenza tipica di chi ci è sopra da anni e nonostante tutto non molla ancora
  • umiltà, caratteristica non molto comune, e semplicità
  • serenità, fiducia e sicurezza
  • sangue freddo ed essere caldi allo stesso tempo trasmettendo emozioni
  • controllo sopraffino
  • generando utilità per gli altri

Stanno dando qualcosa che in questo momento serve molto e a molte persone.

Perché:

Che tu sia dipendente, imprenditore o musicista, le persone interessate sono disperse attorno a te e lo spirito è l’energia che le aggrega e tu fai fluire a loro la differenza che grazie a te c’è tra lo stato dell’arte e il risultato ottenuto.

Come essere il buco al centro di un’area pendente che aggrega le acque vicine e le convoglia restituendole alla terra arricchite.
Ascolti la musica, impari a suonare il tuo strumento e fai un rock’n’roll che nessuno ha mai sentito.

Allora prendi, elabora e restituisci.

Buona musica!

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